Arte.it - Mostre ed eventi

Yayoi Kusama. Infinito Presente

5 mesi 1 settimana hence
Dal 17 novembre 2023 al 14 gennaio 2024, Palazzo della Ragione a Bergamo sarà teatro di una straordinaria operazione artistica e culturale. In occasione di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023, uno dei più antichi palazzi comunali d’Italia accoglierà la mostra di Yayoi Kusama (Matsumoto, Giappone, 1929), l’artista più popolare al mondo, secondo un sondaggio condotto dalla rivista The Art Newspaper, che porterà nel cuore della città orobica Fireflies on the Water una delle sue Infinity Mirror Room più iconiche, proveniente dalla collezione del Whitney Museum of American Art di New York. “È una mostra ambiziosa e speciale – afferma il curatore Stefano Raimondi, fondatore e direttore di The Blank Contemporary Art -, resa possibile da un progetto articolato, che ha richiesto due anni di lavoro, e dai rapporti internazionali con il Whitney Museum of American Art, senza dubbio uno dei più importanti musei al mondo”.“Yayoi Kusama – prosegue Stefano Raimondi - è un’artista amata in modo trasversale da più generazioni e pubblici, capace di meravigliare e stupire, e la stanza Fireflies on the Water è sicuramente la più adatta a sottolineare le tematiche che accompagnano Bergamo Brescia nell’anno della Capitale Italiana della Cultura, che affrontano i temi della resilienza, della cura, per aprirsi infine a una nuova dimensione piena di luce, energia e sconfinate possibilità”. “La presentazione di questa importante mostra - sottolinea Giorgio Gori, sindaco di Bergamo - in un contesto storico di prestigio e di grande valore per la comunità quale è Palazzo della Ragione, è un segnale importante per la nostra città e per tutto il mondo dell’arte contemporanea nell’anno di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura”.“Bergamo da tempo - prosegue Giorgio Gori -, grazie al grande lavoro di The Blank, di GAMeC e di altri soggetti di rilievo, lavora per promuovere e valorizzare l’arte contemporanea in città: quest’ultima è centrale nella programmazione del progetto di Capitale 2023, grazie all’esposizione di Kusama, alle installazioni di piazza della Libertà e del KilometroRosso, ma anche al cantiere per la nuova Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea della città, cantiere che avrà inizio proprio nel 2023 nell’attuale palazzetto dello sport della città”. “Il fatto che un’istituzione importante come il Whitney Museum of American Art di New York – ricorda Nadia Ghisalberti, assessore alla Cultura del Comune di Bergamo - conceda un prestito di questo rilievo, trasmette il valore del percorso che Bergamo ha intrapreso da diversi anni nell’ambito dell’arte contemporanea e di pari passo del cammino fatto da The Blank, una realtà del territorio che è diventata un interlocutore culturale credibile e conosciuto a livello internazionale e un attore capace di promuovere la città e la comunità”. L’allestimento, curato da Maria Marzia Minelli, si compone di un percorso introduttivo che approfondisce la ricerca di Yayoi Kusama attraverso poesie, filmati e documentazioni, creando uno spazio di condivisione fisica e digitale dell’esperienza vissuta e permettendo di entrare da più punti di vista nell’immaginario della celebre artista giapponese.Al centro del percorso Fireflies on the Water è un'installazione dalle dimensioni di una stanza pensata per essere vista in solitudine, una persona alla volta.L’opera consiste in un ambiente buio, rivestito di specchi su tutti i lati; al centro della sala, si trova una pozza d'acqua, che trasmette un senso di quiete, in cui sporge una piattaforma panoramica simile a un molo e 150 piccole luci appese al soffitto che, come suggerisce il titolo, sembrano lucciole.Questi elementi creano un effetto abbagliante di luce diretta e riflessa, emanata sia dagli specchi che dalla superficie dell'acqua. Lo spazio appare infinito, senza cima né fondo, inizio né fine. Come nelle prime installazioni di Yayoi Kusama, tra cui l’Infinity Mirror Room (1965), Fireflies on the Waterincarna un approccio quasi allucinatorio alla realtà. Sebbene legato alla mitologia personale dell'artista e al processo di lavoro terapeutico, quest’opera si riferisce anche a fonti varie come il mito di Narciso e il paesaggio giapponese nativo di Kusama.Il luogo che accoglie l’installazione è ovattato nelle luci e nei suoni e l’arrivo alle soglie della stanza ha la valenza di un atto meditativo, di una contemplazione capace di portare il pubblico in una dimensione altra e diversa, un invito ad abbandonare il senso di sé e ad arrendersi a una sorta di magia meditativa. Durante la mostra si svolgerà un ampio programma di laboratori progettati dai servizi educativi di The Blank per le scuole e le famigle. Yayoi Kusama. Infinito Presente è completamente accessibile ai non udenti anche attraverso visite guidate in LIS – Lingua dei Segni. L’arte e la vita per Kusama sono indissolubilmente legati: nata in Giappone, a Matsumoto, nel 1929. la sua famiglia appartiene all’alta società e aveva previsto per lei una precisa posizione nella società. Fin da bambina però Kusama inizia ad avere delle allucinazioni uditive e visive. Come la stessa artista ha raccontato è iniziato tutto in un campo di fiori di proprietà della famiglia: “C'era una luce accecante, ero accecata dai fiori, guardandomi intorno c'era quell'immagine persistente, mi sembrava di sprofondare come se quei fiori volessero annientarmi”.L’arte si rivela fin da subito un elemento necessario e terapeutico, con la quale gestisce le sue allucinazioni. La sua famiglia, tuttavia, non accetta la sua passione, tanto che sua madre distrugge i suoi disegni prima che lei riesca a terminarli. È proprio per questo motivo che una delle prime forme d’arte di Yayoi Kusama sono i pois, elementi veloci da disegnare.Dedicandosi con grande dedizione allo studio dell’arte, nonostante il parere contrario della famiglia, rimase colpita dai dipinti dell’artista Giorgia O’Keeffe, moglie di Alfred Stieglitz, e decise di scriverle. Fu proprio dopo aver ricevuto la sua risposta che Yayoi Kusama decise nel 1958 di trasferirsi negli Stati Uniti, trasferendosi prima a Seattle e poi a New York. Qui all’inizio trova notevoli difficoltà nell’ambiente artistica, sia perché fortemente maschile che per le sue origini giapponesi, ma ben presto comincia a farsi notare con le sue opere. Già negli anni Sessanta Kusama consolida la sua posizione nell’avanguardia newyorkese e viene considerata una rivoluzionaria per l’epoca.Dopo aver raggiunto la fama in tutto il mondo nel 1973 Yayoi Kusama torna in Giappone, dove nel 1977 si fa ricoverare spontaneamente in un istituto psichiatrico dove vive ancora oggi. Ma questo non le ha in alcun modo impedito di affittare un atelier davanti all’ospedale, in cui si reca ogni giorno per dipingere. In questi anni infatti ha continuato a scrivere e a lavorare, collaborando anche con celebri brand di moda, e dedicandosi completamente alla sua ricerca, dipingendo quadri e scrivendo romanzi e poesie.

BURRIRAVENNAORO

4 mesi 1 settimana hence
Il MAR - Museo d’Arte della Città di Ravenna, nell’ambito dell’VIII Biennale di Mosaico Contemporaneo, presenta BURRIRAVENNAORO, un’importante mostra dedicata ad Alberto Burri, a cura di Bruno Corà, ospitata nelle sale del primo e del secondo piano del museo, dal 14 ottobre 2023 al 14 gennaio 2024.Inaugurazione venerdì 13 ottobre alle ore 18.00. La mostra ripercorre la storia dell’intenso rapporto che Burri, dalla fine degli anni Ottanta, ha intrattenuto con Ravenna. Concependo diversi cicli di opere ispirate alla storia e alla cultura artistica della città, Burri, in una delle sue ultime serie, incarna e trasfigura nel contrasto di nero e oro, buio e luce, il dialogo con il mosaico storico ravennate, in equilibrio tra spiritualità e materialità, nell’attualità di una città in cui le vestigia del passato si sono progressivamente intrecciate agli sviluppi produttivi e industriali del presente.Nel contesto della Biennale di Mosaico Contemporaneo, le opere di Burri sono una preziosa occasione per esplorare le molteplici suggestioni estetiche e di significato che le testimonianze monumentali e musive di epoca paleocristiana e bizantina di Ravenna hanno offerto e continuano ad offrire, entro i confini delle tecniche tradizionali o al di fuori, reinventando i codici del mosaico. La mostra BURRIRAVENNAORO delinea così l’orizzonte tematico con cui inquadrare la Biennale 2023 nella sua interezza. A partire dal 1988 a Ravenna, in risposta ad una committenza espressa dal Gruppo Ferruzzi, Burri avvia una collaborazione che lo porta alla realizzazione di alcuni cicli significativi che egli elabora e denominain differenti modi e in stretta relazione con la storia artistica della città. Con il ciclo S. Vitale realizza grandi cellotex dipinti ad acrilico e di color nero. A quella serie di grandi opere affianca la produzione di opere grafiche di pari intensità e forza cromatica. La mancata realizzazione della committenza Gardini non gli impedisce di appassionarsi ad una pittura rievocativa della grande stagione pittorica dell’arte bizantina, copiosamente presente in città, nelle chiese e negli edifici storici decorati a mosaico. Nascono i dipinti il Nero e l’Oro (1993) che si ispirano alla cultura musiva di alta decorazione fiorita a Bisanzio e sviluppatasi nella città di Ravenna con numerosi ammirevoli capolavori dell’arte bizantino-ravennate. Nella mostra BURRIRAVENNAORO queste opere, insieme ad altre appartenenti ai cicli pittorici precedenti e ad alcune serie scelte di creazioni grafiche, figureranno negli ambienti dei due piani del MAR in un repertorio mai prima d’ora così vistosamente esibito, circa cento opere, con esemplari che hanno meritato a Burri il Premio Nazionale dei Lincei per l’opera Grafica (1973). In tal senso, i due ambiti della sua pittura e della produzione calcografica, integrati con la presenza della grande scultura rossa, Grande Ferro R (1990), presso il Palazzo delle Arti e dello Sport “Mauro De André”, delineano i confini di un ritorno di grande rilevanza del maestro tifernate nella città di Ravenna, da lui amata. Un’area multimediale inerente alla biografia di Burri ed alcuni filmati che documentano l’artista al lavoro, insieme al catalogo della mostra con saggi critici e documenti delle opere esposte al MAR, si offrono per la circostanza come strumenti di informazioni e studi dell’opera intera di Burri, consentendo una più ampia conoscenza di uno dei massimi artisti europei della seconda metà del XX secolo.Alberto Burri (1915-1995) nato in Umbria a Città di Castello, dopo la laurea in medicina, conseguita a Perugia nel 1940, a seguito degli eventi bellici, fatto prigioniero in Africa dalle truppe inglesi e consegnato agli alleati statunitensi, trascorre tre anni in un campo di prigionia in Texas, durante i quali decide l’abbandono della professione medica e di dedicarsi totalmente alla pittura. Tornato in Italia dopo la guerra, nel 1946, dopo un breve soggiorno nella città natale si reca a Roma dove avvia il suo noviziato professionale nella pittura. Nella capitale, ospite presso un cugino materno, esibisce una iniziale pittura di figurazione di cui si fanno garanti critici i poeti Leonardo Sinisgalli e Libero De Libero che, per due anni consecutivi, lo invitano nella galleria La Margherita, sede romana di due mostre personali a lui dedicate in quella temperie di stimolanti proposte artistiche all’indomani del secondo conflitto mondiale. Dopo un viaggio compiuto nel 1948 a Parigi, Burri inizia a configurare un proprio linguaggio rivolgendo un interesse particolare ai materiali ritenuti extra-pittorici come il catrame, la pietra pomice, le colle ed altri. L’introduzione di tali materiali nella sua pittura dischiude all’artista una straordinaria libertà operativa, spingendolo a concepire una differente dimensione del colore, recuperato nelle valenze cromatiche già esistenti nella realtà di quei materiali; il nero del catrame, il grigio della pietra pomice, l’ocra delle colle e dei primi tessuti come la juta e i sacchi riciclati, rammendati e consunti da un ‘vissuto’ che, nella creazione del dipinto, ne aumenta in modo esponenziale la pregnanza e la ‘presenza’ fisica reale. Ben presto la pittura di Burri conquista la scena artistica nazionale e internazionale per la forte carica evocativa e drammatica del suo linguaggio pittorico, designandolo come l’artista della materia. Nascono così, dopo i Catrami (1948-49), i Sacchi (1949-50), i Gobbi (1950), le Combustioni di carte (1953), ma anche di legni e Plastiche (1957), i Ferri (1958), i Legni (1958), le Combustioni di plastiche trasparenti (1962), i Cretti acrovinilici (1973) e i Cellotex (1952-53), composti lignei dipinti ad acrilico (dal 1973 al 1993).

James Lee Byars

4 mesi 1 settimana hence
James Lee Byars (Detroit, Michigan, 1932 – Il Cairo, 1997) è uno degli artisti americani più riconosciuti dagli anni sessanta a oggi. Nella sua trentennale carriera, ha dato vita a un linguaggio singolare associando motivi e simboli delle culture orientali, come elementi del teatro Nô e del buddismo Zen, con la sua profonda conoscenza dell’arte e della filosofia occidentale. Attraverso l’uso di media diversi, come l’installazione, la scultura, la performance, il disegno e la parola, l’artista ha esplorato i confini tra corpo e spirito, per riflettere sui concetti di comunità e misticismo attraverso azioni effimere, il coinvolgimento diretto del pubblico, e interventi su larga scala.La mostra in Pirelli HangarBicocca sarà la prima retrospettiva dedicata a James Lee Byars da un museo italiano e presenterà una vasta selezione di opere emblematiche, che fondono armoniosamente forme geometriche e minimal con materiali ricercati e inusuali come marmo, velluto, legni preziosi e foglia d’oro. Alcune delle più importanti istituzioni hanno esposto il lavoro di James Lee Byars, tra le quali Red Brick Art Museum, Pechino, (2021); SCAI The Bathhouse, Tokyo (2020 e 1994); MHKA, Museum of Contemporary Art Antwerp, Anversa (2018); MoMA PS1, New York, Museo Marino Marini, Firenze (2014); Museo Jumex, Città del Messico (2013); Carnegie Museum of Art, Pittsburgh (2011 e 1964); Kunstmuseum Bern (2008); MoMA Museum of Modern Art, New York (2007 e 1958); Barbican Centre, Londra (2005); Whitney Museum of American Art, New York, Schirn Kunsthalle, Francoforte, Massachusetts Museum of Contemporary Art, North Adams (2004); Museu Serralves, Porto, (1997); Fondation Cartier pour l’art Contemporain, Parigi (1995); IVAM Centre del Carme, Valencia, Museum Ludwig, Colonia (1994); Stockholm Konsthall (1992); Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Torino (1989); Kunsthalle Düsseldorf (1986); Philadelphia Museum of Art, Institute of Contemporary Art, Boston (1984); Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris (1983); De Appel Foundation, Amsterdam (1978); Kunsthalle Bern, Berna, Busch-Reisinger Museum at Harvard, Cambridge (1978); Stedelijk van Abbemuseum, Eindhoven, Louisiana Museum of Modern Art, Humlebaek (1977); Palais des Beaux-Arts, Bruxelles (1974); Metropolitan Museum of Art, New York (1971).Il suo lavoro è stato esposto in numerose manifestazioni internazionali, che includono Biennale di Venezia (2013, 1999, 1986, 1980); Yokohama Triennale (2011); documenta, Kassel (1987, 1982, 1977, 1972). Mostra organizzata da Pirelli HangarBicocca, Milano e Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid.

Giorgio de Chirico. Metafisica continua

4 mesi 1 settimana hence
“Giorgio de Chirico. Metafisica continua”, a Conegliano, in Palazzo Sarcinelli dal 11 ottobre 2023 al 25 febbraio 2024, anticipa le celebrazioni del centenario del Surrealismo (1924-2024), movimento di cui de Chirico fu eletto, a sua insaputa, capostipite dal fondatore André Breton. Per lui, come per altri surrealisti quali Max Ernst, René Magritte, Yves Tanguy e Salvador Dalì, la prima pittura metafisica (1910-1918) di de Chirico svolse un ruolo fondamentale nella nascita e nello sviluppo del movimento dall’inizio degli anni Venti in poi.La mostra, a cura di Victoria Noel-Johnson, è organizzata da ARTIKA di Daniel Buso ed Elena Zannoni, in collaborazione con Fondazione Giorgio e Isa de Chirico e il Comune di Conegliano.Ad essere proposte sono ben 71 opere dell’artista e tra esse un’importante selezione dei principali soggetti di de Chirico, tra cui i Manichini senza volto e i Trovatori, le Piazze d’Italia e le Torri, gli “Interni ferraresi”, i Trofei, i Gladiatori, gli Archeologi, i Soli accesi e spenti e i Bagnanti misteriosi (serie Mythologie del 1934).Un ampio focus la mostra lo riserva alla stagione neometafisica (1965-1978 ca.) – di cui La Fondazione de Chirico possiede la più importante e completa collezione al mondo – in cui l’artista torna a elaborare i temi che popolavano le opere del primo periodo metafisico (1910-1918). Oltre a presentare i motivi più noti, i prestiti selezionati metteranno in evidenza la gamma di tecniche in cui si è cimentato il maestro: pittura, disegno, acquerello, scultura e litografia. Come ormai ampiamente riconosciuto dalla critica attuale, tutti questi lavori possono essere considerati metafisici, in quanto sostenuti dal costante interesse di de Chirico per i due concetti nietzschiani dell’eterno ritorno e del dualismo apollineo-dionisiaco.Considerato una delle figure principali dell’arte del primo Novecento, de Chirico ha influenzato in modo profondo non solo il surrealismo, ma anche una serie di movimenti di ampio respiro, tra cui il dadaismo, il realismo magico, la Neue Sachlichkeit (nuova oggettività), la pop art, la transavanguardia e alcuni aspetti del postmodernismo. A ciò ha contribuito in maniera determinante la costante volontà di sperimentazione dell’artista, che nei suoi settant’anni di carriera (1908-1978 circa) non ha mai smesso di elaborare stili, tecniche, soggetti e colori diversi, in modo non dissimile dal coetaneo e amico Picasso. La natura apparentemente paradossale dell’opera di de Chirico è, per l’appunto, ciò che la rende ancor oggi – a oltre un secolo di distanza dalla scoperta della Metafisica – così fresca e attuale per gli artisti e il pubblico moderno.Promossi per la prima volta nel 1913 da Apollinaire e Picasso (i due grandi mediatori tra modernismo e tradizione), i primi dipinti di de Chirico intonano un “canto nuovo” che affascina e, in parte, galvanizza l’avanguardia parigina degli anni Dieci, seguita dai surrealisti negli anni Venti.“Elaborando un sistema pittorico di precisione matematica che distorce la realtà (attraverso l’uso illogico della prospettiva e della luce, unito all’accostamento irrazionale di oggetti comuni e fantastici in ambienti alterati e insoliti), l’artista produce scene di enigmatico isolamento o inquietante costrizione”, sottolinea Victoria Noel-Johnson, che della mostra è la curatrice. “Pervasa da un angoscioso presagio, l’atmosfera (o Stimmung, secondo il filosofo tedesco dell’Ottocento Nietzsche) della sua pittura mira a suscitare un senso di sorpresa, scoperta e rivelazione”.

Il Mondo di Tim Burton

4 mesi hence
Il Museo del Cinema di Torino porta nel capoluogo piemontese, per la prima volta in Italia, la mostra Il Mondo di Tim Burton, dedicata al genio creativo di Tim Burton e curata da Jenny He in collaborazione con la Tim Burton Productions.La mostra, visitabile a Torino dal 10 ottobre 2023 al 7 aprile 2024, è un viaggio nell’universo visionario e nella creatività del regista e scrittore statunitense. Il nucleo principale dell’esposizione si concentra proprio sull’archivio personale di Burton, mostrando un’incredibile varietà della sua produzione creativa. Esposti dunque non ci saranno solo preziosi documenti, ma anche disegni e bozzetti con i temi e i motivi visivi ricorrenti da cui hanno preso vita i suoi personaggi che caratterizzano i suoi mondi cinematografici distintivi. Tim Burton sarà anche protagonista di una straordinaria Masterclass e riceverà il premio Stella della Mole come riconoscimento del suo contributo visionario e innovativo con il suo stile inimitabile alla storia del cinema. Questa grande mostra immersiva è una sorta di viaggio esclusivo nella mente di un genio creativo, l’esplorazione definitiva della produzione artistica, dello stile inimitabile e della prospettiva specifica di Tim Burton. Divisa in 10 sezioni tematiche, presenta oltre 500 esempi di opere d’arte originali, raramente o mai viste prima, dagli esordi fino ai progetti più recenti, passando per schizzi, dipinti, disegni, fotografie, concept art, storyboard, costumi, opere in movimento, maquette, pupazzi e installazioni scultoree a grandezza naturale. Un’ambientazione suggestiva condurrà i visitatori e i fan a immergersi nello straordinario universo di Tim Burton, sperimentando un approfondimento della sua sensibilità e scattando foto con la figura del Balloon Boy, e si avrà la possibilità di esplorare l’esatta replica dello studio personale dell’artistainsieme a uno speciale sneak peek di progetti attuali o non realizzati.La mostra ripercorre le orme del regista e dell’evoluzione della sua singolare immaginazione visiva di artista postmoderno multidimensionale, in una sorta di autobiografia raccontata attraverso il suo processo creativo senza limiti. Attraverso la presentazione unica dell’opera di Tim Burton, la sua visione unica trascende i mezzi e i formati, rendendo chiaro come idee, temi e persino alcune immagini specifiche della sua arte siano finite nei film più iconici che oggi associamo allo sfarzoso spettacolo cinematografico.

Siena Awards Photo Festival 2023

3 mesi 3 settimane hence
Il Siena Awards scalda i motori per una nuova edizione che porterà ancora una volta a Siena e nei dintorni grandi nomi della fotografia internazionale coinvolgendo la città e il territorio. L’appuntamento è in programma dal 30 settembre al 19 novembre con un ricco programma di mostre e appuntamenti che consolidano il festival come un evento autunnale imperdibile a livello internazionale fra conferme e novità. A fare da preludio all’edizione 2023 sarà, per la prima volta, la mostra a cielo aperto ChiusdinoCreative, allestita nel borgo medievale di Chiusdino dall’8 luglio al 19 novembre con immagini uniche e capaci di unire arte fotografica e ambiente urbano. Dal 30 settembre il Siena Awards 2023 entrerà ufficialmente nel vivo con i suoi grandi protagonisti: William Albert Allard, con una retrospettiva sui suoi 50 anni di lavoro per il National Geographic, e Brian Skerry, fotoreporter e produttore cinematografico specializzato in fauna marina e ambienti sottomarini. A loro si uniranno Gabriele Galimberti, fotografo aretino che esplora in modo avvincente il complesso rapporto tra gli Stati Uniti e le armi da fuoco, e le collettive del Siena Awards dedicate, come ogni anno, ai tre premi fotografici con scatti e video in arrivo da tutto il mondo: “Siena International Photo Awards”, “Creative Photo Awards” e “Drone Photo Awards”, che quest’anno avrà l’Abbazia di San Galgano come nuova location di eccezione. Con una formula consolidata che varca i confini della città e coinvolge anche altri territori, il festival delle arti visive tornerà ad animare il centro storico di Sovicille e arriverà per la prima volta a Chiusdino.I grandi protagonisti dell'edizione 2023La retrospettiva di William Albert Allard, pioniere della fotografia a colori, si intitola “Five Decades, A Retrospective” e racconta, con la più vasta antologica a lui dedicata mai organizzata in Italia, cinque decenni di lavoro per il National Geographic come scrittore e fotografo andando sempre alla ricerca di “ciò che accade ai margini” e unendo bellezza, mistero e senso dell’avventura. La mostra di Brian Skerry “The Sentient Sea" racconterà, invece, una storia visiva con immagini raccolte in oltre 40 anni di esplorazione degli oceani, luoghi di bellezza e mistero, difficoltà e speranza. Specializzato in fauna marina e ambienti sottomarini, dal 1998 Skerry è fotografo a contratto per il National Geographic Magazine, per il quale ha raccontato storie in ogni continente e in quasi tutti gli habitat oceanici. L’esposizione "The Ameriguns" di Gabriele Galimberti accenderà, invece, i riflettori sulla storia della cultura americana delle armi attraverso l’obiettivo del fotografo aretino, capace di far luce sulle complessità dell'esperienza umana evidenziando le sfumature e le contraddizioni del nostro mondo. Le mostre a cielo apertoOltre a Chiusdino, il Siena Awards tornerà ad animare Sovicille con SovicilleCreative. Per il terzo anno consecutivo, le vie del borgo a pochi km da Siena saranno decorate con grandi foto, opere di fotografi di fama internazionale esposte dentro le porte e le finestre tamponate delle abitazioni, dei palazzi e degli edifici storici per offrire ai visitatori un'esperienza unica e coinvolgente. L’obiettivo è quello di estendere nel tempo il format WeCreative anche ad altri luoghi del territorio senese, abbinando ai nomi delle località coinvolte, il simbolo rosso del cuore e il termine Creative, con un evidente riferimento al premio “Creative Photo Awards” da cui proviene la selezione delle immagini esposte. “Il successo internazionale e la crescita continua del Siena Awards - afferma il direttore artistico del festival, Luca Venturi - premia un grande lavoro di squadra che si è consolidato di anno in anno grazie a tutte le istituzioni e ai partner che ci hanno sostenuto e che non si sono mai tirati indietro: i Comuni di Siena e Sovicille, a cui quest’anno si unisce il Comune di Chiusdino; l’Università degli Studi di Siena; l’Università per Stranieri di Siena; il Museo di Storia Naturale di Siena Accademia dei Fisiocritici; l’Accademia dei Rozzi; la Fondazione Santa Maria della Scala e l’Associazione Area Verde Camollia, 85. Insieme a loro - aggiunge Venturi - ringrazio i main partner Carrefour Market, Etruria Retail, Banca Mediolanum, Gabetti Lab e i partner Sienambiente, SEI Toscana, Terrecablate, Safety&Privacy, Il Fotoamatore e Iren SpA. Tutti quanti insieme, siamo già a lavoro per regalare al nostro pubblico una straordinaria edizione 2023 e consolidare sempre di più nel calendario internazionale dei grandi eventi questo appuntamento che porta il nome di Siena nel mondo attraverso la grande fotografia e le arti visive”. Ccon il patrocinio di Ministero degli Esteri, Ministero della Cultura, Regione Toscana, Camera di Commercio di Siena e Arezzo e Università degli Studi di Siena. 

Manolo Valdès

3 mesi 3 settimane hence
Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN), in collaborazione con il Ministero della Cultura e con la Galleria d’Arte Contini presenta dal 27 settembre 2023 al 6 gennaio 2024, nel salone della Meridiana, una personale del maestro Manolo Valdès. Il celebre artista spagnolo esporrà per la prima volta a Napoli e nel Sud Italia. Valdès, rappresentato dalla Galleria d’arte Contini in esclusiva per l’Italia dal 2016, attinge al patrimonio artistico spagnolo, in particolare da Velázquez e Picasso, e dall’informale dei suoi immediati predecessori. Per la particolarità della visione e dell’approccio creativo dell’artista, le opere di Valdés si sposano molto felicemente con gli spazi del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, in un accostamento che mette a confronto le ricerche e le sperimentazioni del nuovo con l’eleganza e la tradizione dell’antico. Questo inedito incontro rappresenta un nuovo capitolo del costante dialogo culturale tra la il Mann e la Spagna, le cui radici sono nella Storia stessa di Napoli, e che quest'anno si è già arricchito con la mostra 'Picasso e l' antico' (in corso, unica italiana nel calendario ufficiale delle celebrazioni per 50 anni dalla morte) e con la prossima esposizione al museo Marítim di Barcellona 'Pompeya, el último gladiator' che valorizza i tesori dei depositi. Manolo Valdés (Valencia, Spagna, nel 1942) è stato nel 1964 co-fondatore del gruppo Equipo Crónica, collettivo pioneristico di Pop Art. Dal 1981 tiene personali in tutto il mondo. Vincitore, tra i tanti, del premio Nacional de Bellas Artes España, nel 2007 è stato insignito del titolo di Ufficiale dell’Ordine al merito dal Presidente della Repubblica Francese. Le opere di Manolo Valdés si possono trovare in numerose collezioni pubbliche e private, tra queste: Metropolitan Museum of Art, New York; Museum of Modern Art, New York; Musée National d'Art Moderne, Centre George Pompidou, Parigi; Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia, Madrid, Spagna; Fundaciòn del Museo Guggenheim Bilbao, Spagna; Istituto Valenciano de Arte Moderno, Centre Julio Gonzalez, Valencia, Spagna; Kunsthalle, Kiel Germania; Kunstmuseum, Berlino, Germania; Veranneman Foundation, Kruishoutem, Belgio, National Art Museum of China, Beijing, China, Les Terrasses du Casino, Monte Carlo, Monaco. Attualmente vive e lavora tra Madrid e New York.

Thao Nguyen Phan

3 mesi 1 settimana hence
Nella sua pratica artistica Thao Nguyen Phan (Ho Chi Minh City, 1987; vive e lavora a Ho Chi Minh City) impiega il video, l’installazione, il disegno e la pittura per ripercorrere i turbolenti eventi storici del suo paese natale e intrecciarli con la letteratura, la filosofia e la vita quotidiana. Attraverso un linguaggio visivo onirico, in cui si fondono tradizioni popolari e narrazioni fiabesche, l’artista riflette sui cambiamenti ambientali e sociali, legati allo sfruttamento delle risorse naturali e alla distruzione e colonizzazione del paesaggio da parte dell’essere umano.La mostra in Pirelli HangarBicocca sarà un’occasione unica per presentare il lavoro di Thao Nguyen Phan al pubblico italiano e internazionale, mettendo in luce il suo distintivo approccio all’immagine in movimento. L’esibizione darà forma ai cicli della vita, spirituale e naturale, evocando storie del passato dimenticate, presenze fantasmatiche e paesaggi remoti.Phan ha esposto internazionalmente in mostre personali e collettive in istituzioni che includono, tra le altre, Tate St Ives (apertura 2022); Kochi-Muziris Biennale, New Museum Triennial, New York, MOMENTA Biennale de l’image, Montréal (2021); WIELS, Bruxelles, Chisenhale Gallery, Londra (2020); Fundació Joan Miró, Barcellona, Rockbund Art Museum, Shanghai, Lyon Biennale, e Sharjah Biennial (2019); Dhaka Art Summit, e Para Site, Hong Kong (2018); Factory Contemporary Arts Centre, Ho Chi Minh City, Nha San Collective, Hanoi (2017); e Bétonsalon, Parigi (2016).Tra il 2016 e il 2017 è stata inclusa tra i Protegée Rolex, accompagnata, come mentore, da Joan Jonas, tra le più riconosciute artiste e performer viventi. Inoltre nel 2019 è entrata nella shortlist dell’Hugo Boss Asia Art Award e ha vinto Han Nefkens Foundation – LOOP Barcelona Video Art Award 2018.Thao Nguyen Phan è co-fondatrice del collettivo Art Labor, che esplora pratiche interdisciplinari e sviluppa progetti artistici a beneficio della comunità locale vietnamita.

American Beauty

3 mesi 1 settimana hence
American Beauty è il nome di una meravigliosa rosa rossa creata in Francia, che, esportata negli Stati Uniti, è diventata la più diffusa del continente nordamericano, oltre che fiore simbolo della città di Washington. Sono stati i petali di questa rosa ad accogliere il corpo nudo di Angela Hayes nell’omonimo, popolarissimo film.American Beauty è una rosa magnifica e allo stesso tempo fragile. I suoi petali resistono a lungo prima di appassire, mentre il gambo rapidamente marcisce: metafora efficace della società statunitense e delle sue contraddizioni evidenti e nascoste.Con il titolo American Beauty, a Padova, al Centro Culturale Altinate San Gaetano, dal 13 settembre al 21 gennaio, viene presentata una selezione di 130 opere che raccontano luci e ombre della nazione che più di ogni altra ha caratterizzato l’ultimo secolo a livello globale, gli Stati Uniti, appunto. La mostra, organizzata da Artika in collaborazione con il Comune di Padova e Kr8te, è a cura di Daniel Buso.Ad offrire questo originale ritratto degli States sono ben 120 artisti, americani ma non solo, con 130 opere.È la fotografia a introdurre il visitatore alla lettura del trionfale e decadente universo statunitense. Si parte dal bianco e nero, con maestri assoluti come Henri Cartier-Bresson, Robert Capa, Diane Arbus ed Elliott Erwitt, per passare alle immagini a colori di Steve McCurry, Vanessa Beecroft e Annie Leibovitz.Il percorso si esalta, di sala in sala, accogliendo creazioni dei maestri della Pop Art (James Rosenquist, Robert Indiana e Andy Warhol), fino ai protagonisti della Street Art: Keith Haring, Mr. Brainwash, Obey e Banksy. Dalla celebre immagine di propaganda di Joe Rosenthal (che esaltava la vittoria americana di Iwo Jima sul Giappone nel 1945), fino alle rivolte anarchiche nei murales di Banksy.Le sezioni, identificate dal curatore Daniel Buso, affrontano alcune delle tematiche più importanti per entrare in profondità nell’analisi della cultura e della società americane. L’inizio del percorso espositivo è dedicato al patriottismo, la bandiera americana è il simbolo per eccellenza chiamato a rappresentare l’attaccamento nazionalistico tipicamente americano. Una festa di colori e immagini in bianco e nero scattate da grandi fotografi internazionali, tutti impegnati a immortalare le centinaia di manifestazioni pubbliche o private di patriottismo statunitense. La mostra continua cercando di tratteggiare i complicati rapporti internazionali intessuti negli ultimi cento anni dagli Stati Uniti. Partendo dalla partecipazione alla Seconda guerra mondiale, fino alle più recenti esperienze in Afghanistan e Iran. Un altro focus della mostra analizza gli Stati Uniti e i conflitti che si consumano non soltanto a migliaia di chilometri di distanza ma anche tra le mura domestiche. Molti artisti, fra cui Banksy e Paul Insect immortalano un’America in subbuglio, scossa da guerriglie urbane e dall’utilizzo indiscriminato delle armi da fuoco; mentre Steve McCurry racconta la giornata più tragica per gli americani: l’11 settembre 2001. L’esposizione riserva anche spazio alla tematica più attuale nel dibattito sociale (interno ed esterno agli Stati Uniti), ovvero il Black Lives Matter.“American Beauty” esplora così alcuni aspetti centrali per la comprensione delle contraddizioni che attraversano la superpotenza statunitense. Un racconto serrato capace di dar voce ad alcuni tra i protagonisti assoluti dell’arte internazionale. Si è scelto di partire dall’immagine che forse più di ogni altra esprime lo spirito americano – spiega il curatore Daniel Buso – cioè il momento in cui un gruppo di marines alza la bandiera a Iwo Jima, nella fotografia di Joe Rosenthal. L’immagine fu un grande successo a livello globale, anche se alcuni retroscena ne misero in dubbio l’autenticità. La fotografia fu presto impiegata a scopi propagandistici mentre Rosenthal venne insignito del prestigioso Premio Pulitzer”. 

Ragusa Foto Festival. XI Edizione - Relazioni

1 mese 2 settimane hence
Giunge alla sua undicesima edizione Ragusa Foto Festival che dal 20 luglio al 27 agosto 2023 si tiene a Ibla, uno dei borghi più belli d’Italia.La manifestazione diretta da Stefania Paxhia, fondatrice e ideatrice del festival, e Claudio Composti, direttore artistico, si snoda in 10 mostre monografiche, una in collaborazione con Caritas Italiana e un fitto programma di appuntamenti – letture portfolio, talk, workshop – alla presenza di numerosi ospiti di spicco del mondo della fotografia, della cultura e della società civile provenienti dall’Italia e dal mondo.A partire dalla collocazione geografica della città in cui si svolge, il territorio più a Sud d’Europa nel cuore del Mediterraneo, crocevia di molteplici scambi tra le culture che vi si affacciano, e nel pieno di un momento storico che vive un drammatico inabissarsi della socialità, Ragusa Foto Festival sceglie per l’edizione 2023 un tema di grande attualità – “Relazioni” – trovando nelle mille sfumature che esso può assumere l’opportunità di raccontare a un tempo l’uomo e la donna contemporanei – e il loro rapporto con il passato, il presente, il corpo, gli altri, il territorio, la realtà, l’immaginazione – e la fotografia più attuale che oggi non ha più solo un ruolo di testimone delle storie e della Storia, ma concorre in maniera determinante – grazie alla sua larga diffusione soprattutto nel mondo digitale – a creare e alimentare le relazioni. «Sin dalla sua prima edizione Ragusa Foto Festival è stato un procedimento inclusivo ben riuscito che grazie alla fotografia ha aperto le porte di un territorio di provincia a un’esperienza di innovazione culturale importante. Il tema di questa XI edizione – spiega Stefania Paxhia – è un benvenuto al nuovo direttore artistico, Claudio Composti, e anche celebrativo della rete di persone e di realtà nazionali e internazionali che in questi anni, considerando la funzione comunicativa potente della fotografia e la sua responsabilità sociale, ci ha consentito di allargare la nostra piccola comunità in itinere per offrire qualcosa sia dal punto di vista della riflessione sia per stimolare nuovi focolai di creatività.»  «In questo primo anno come direttore artistico di Ragusa Foto Festival – aggiunge Claudio Composti – ho voluto mettere l’accento sull’importanza del tema scelto, “Relazioni”, invitando a partecipare diversi direttori di foto festival internazionali e italiani per sottolineare l’importanza del loro ruolo sia nello sviluppo di un rapporto tra il linguaggio fotografico e il pubblico, e sia nella formazione dei fotografi più giovani. I festival di fotografia oltre a essere un’opportunità espositiva, sono un momento fondamentale di confronto e crescita, anche grazie alle attività collaterali come le letture portfolio.» Cuore pulsante del festival saranno le mostre, a Ibla, dislocate tra Palazzo Cosentini, la chiesa sconsacrata di San Vincenzo Ferreri e l’Antico Convento dei Cappuccini all’interno del Giardino Ibleo, aperte al pubblico fino al 27 agosto. In un sapiente alternarsi di autori importanti, giovani emergenti, fotografi italiani e internazionali e un’attenzione rivolta anche alla fotografia siciliana nelle sale di Palazzo Cosentini trovano spazio le mostre personali di:·      Federica Belli,con “How Far Is Too Close to the Heart?” che tratta il tema della relazione umana dove la fotografia esprime il suo ruolo di mediazione tra le persone;·      Ruben Brulat, con “Embrasement” inventa una relazione creativa con il vulcano dell’Etna per mezzo di un’installazione con immagini dal forte impatto visivo;·      Alessandra Calò, vincitrice della IV edizione del Premio New Post Photography di Mia Fair di Milano – partner del festival –, presenta “Herbarium. I fiori sono rimasti rosa”, un progetto che mette in relazione la creatività con la fragilità al fine di nuove opportunità d’inclusione sociale;·      Mari Katayama, con “L’armonia imperfetta”, estetizza invece la propria disabilità attraverso l’arte, affrontando la relazione aperta con il proprio corpo e la fotografia stessa;·      Davide Monteleone fra i più noti autori della fotografia italiana contemporanea con “Simonocene” affronta la relazione tra uomo e natura, indagando sugli effetti delle diverse forme di colonialismo, la globalizzazione e le relazioni tra potere e individui nella Cina di oggi;·      Lisa Sorgini in “Behind the Glass” presenta un racconto sulle relazioni con la famiglia quando queste sono state messe a dura prova dal distanziamento sociale durante il lockdown. Per la sezione Miglior Portfolio e progetti con Menzione 2022:·      Andrea Camiolo, con “Per un paesaggio possibile”, vincitore del premio Miglior Portfolio 2022, porta avanti l’analisi del paesaggio siciliano che diventa archetipo di un paesaggio ideale;·      Giulia Gatti, in “Corazonada” presenta un progetto dedicato alle donne che vivono nella regione meridionale del Messico, l’istmo di Tehuantepec (Oaxaca), premiato con una menzione;·      Sara Grimaldi, attraverso il racconto autobiografico di “Ho visto Nina volare” pone una riflessione sul rapporto tra malessere psicologico e alimentazione, aggiudicandosi una menzione. È esposta all’Antico Convento dei Cappuccini, la mostra di Carlotta Vigo che con il progetto “Mare Dentro”, dedicato al mercato e alla lavorazione del pesce in Sicilia, testimonia la profonda relazione del territorio siciliano con il proprio passato e futuro, e allo stesso tempo con le proprie tradizioni e la sostenibilità. Torna poi per la terza edizione, uno dei progetti più cari al Ragusa Foto Festival, ideato da Stefania Paxhia, per raccontare la quotidianità dei lavoratori immigrati che vivono intorno ai Presidi di Caritas Italiana dislocati in Italia. Protagonista di quest’anno è il Presidio di Foggia con un’iniziativa sperimentale, realizzata in collaborazione con la Caritas diocesana di Foggia, il supporto di Perimetro, piattaforma internazionale di fotografia e di New Old Camera di Milano. Due fotografi professionisti, Arianna Arcara e Alessandro Zuek Simonetti, hanno diretto il workshop offrendo nuove competenze a sei giovani lavoratori selezionati per realizzare i loro scatti che saranno in mostra nella chiesa sconsacrata di San Vincenzo Ferreri per raccontare le loro storie, le loro speranze e la voglia di riscatto. Nelle giornate inaugurali – dal 20 al 23 luglio – sono protagonisti sia alcuni nomi di rilievo della fotografia, tra cui fotografi, critici, docenti, direttori di festival internazionali, collezionisti, art director, curatori che approfondiranno le dinamiche che legano i diversi linguaggi della fotografia all’attualità, sia giovani talenti, presenti anch’essi come autori, ma soprattutto invitati a partecipare alle diverse attività proposte dal cartellone:·      Letture portfolio che permetteranno il confronto diretto tra giovani fotografi e i loro lavori e professionisti di primo piano - tra curatori, direttori di festival, photo editor. I lettori di quest’anno: Federica Chiocchetti, direttrice del Musée des Beaux Arts, Le Locle Svizzera; Benedetta Donato, curatrice e direttore RCA – Romano Cagnoni Award; Wilfrid Estève, fotografo e docente, direttore dell’agenzia fotografica Hans Lucas, Parigi; Ulrich Lebeuf, MAP Festival di Toulouse; Mina Mostefa, direttrice di Face à la mer - Rencontres de photo de Tanger (Marocco); Veronica Nicolardi, direttrice di Cortona on the Move e Luca Santese, fotografo del Collettivo Cesura. ·      Il ciclo di talk offrirà spunti di riflessione sulla relazione tra fotografia contemporanea e collezionisti insieme a Ettore Molinario, collezionista ed esperto d’arte, Gianluigi Colin cover editor de La Lettura; passando al confronto tra fotogiornalismo e fotografia artistica insieme a Enrico Ratto, scrittore e giornalista, Davide Monteleone, Luca Santese e Arianna Arcara; sulla fotografia di paesaggio insieme a Massimo ...

Mario Nigro. Opere 1947-1992

1 mese 1 settimana hence
La mostra diffusa “Mario Nigro. Opere 1947-1992” promossa da Comune di Milano - Cultura , prodotta da Palazzo Reale, Museo del Novecento e Eight Art Project, in collaborazione con l’Archivio Mario Nigro, a cura di Antonella Soldaini e Elena Tettamanti, apre il 14 luglio nelle sedi di Palazzo Reale (fino al 17 settembre) e del Museo del Novecento (fino al 5 novembre). È la più ampia rassegna mai dedicata all’artista con oltre centoquaranta opere dal 1947 sino all’ultima del 1992 tra dipinti, lavori tridimensionali, su carta e una vasta selezione di documenti. L’esposizione comprende anche opere esposte alle Biennali di Venezia del 1964, 1968, 1978, 1982, 1986 e alla X Quadriennale di Roma del 1973.La mostra segna i diversi momenti del linguaggio artistico di Nigro: da una attitudine sperimentale a partire dagli anni Quaranta a un deciso orientamento verso le strutture compositive astratte e geometriche. Le opere dell’artista suggeriscono un orizzonte narrativo ricorrente basato sul “ritmo”, le “forme” e il “tempo”, frutto di una visione in cui la conoscenza della musica e del sapere scientifico hanno un'influenza determinante. In collaborazione con il PAC Padiglione d’Arte Contemporanea un evento speciale ricorderà inoltre il 27 luglio l’attentato mafioso del 1993 che distrusse alcuni lavori di Mario Nigro presenti per l'allestimento di una mostra antologica.

Matisse | Metamorfosi

1 mese 1 settimana hence
Henri Matisse è uno dei più grandi artisti del Novecento, ma di lui, paradossalmente, è ancora trascurata una parte importante di produzione. La figura di Matisse scultore non è, infatti, conosciuta nelle pieghe più sottili della sua ricerca. Sebbene la pittura sia sempre rimasta la sua modalità espressiva principale, il “suo” linguaggio e la forma di indagine del visibile cui si dedicò per tutta la vita, Matisse condusse in contemporanea una riflessione sulla scultura (e altresì sull'incisione) che fa di lui uno degli artisti più completi del secolo scorso. La sua versatilità ha esplorato varie tecniche simultaneamente, con curiosità e acuta sperimentazione. Sullo sfondo di questa intelligenza poliedrica, l'opera scultorea di Matisse rivela una vita parallela rispetto a quella del colorista, una doppia anima votata alla materia, al volume, allo spazio, che merita di essere posta in relazione – in quanto a processi e traguardi – con quella di altri grandi scultori del XX secolo, eredi della lezione di Auguste Rodin e divenuti geni dell'avanguardia. Da Brancusi a Giacometti, da Boccioni a Wotruba. Per la prima volta in Italia, il Museo MAN dedica oggi una mostra alla scultura di Henri Matisse. Il progetto espositivo, a cura di Chiara Gatti, rilegge e adatta agli spazi del museo sardo, il concept inedito e complesso della mostra Matisse Métamorphoses organizzata nel 2019 dalla Kunsthaus di Zurigo e dal Museo Matisse di Nizza. Un progetto destinato a ripensare Matisse, a riconsiderare il ruolo della sua opera nel panorama dell'arte della prima metà del XX secolo, alla luce di una più ampia ricerca estetica che vede proprio nella scultura il veicolo per nuove e rivoluzionarie soluzioni formali. In questo affondo necessario, emerge come sia stata in particolare la figura umana il tema principe della sua tensione verso la sintesi. Dall'indagine sul corpo, la postura, il gesto o la fisionomia, Matisse ha sviluppato un percorso di riduzione geometrica dell'immagine che lo ha portato verso un'astrazione ai limiti del radicale. Come l'artista stesso affermò nel 1908 nelle sue Notes d'un peintre: «ciò che mi interessa di più non è né la natura morta né il paesaggio, è la figura». La figura, non per il suo pathos, il suo lirismo, gli stati d'animo o la flessione esistenziale, ma per il suo senso di presenza nello spazio e la sua ideale evoluzione nel tempo. Matisse ha interrogato infatti il corpo nella sua relazione con l'ambiente prossimo e con il mutare delle circostanze in un lasso di tempo dilatato. Ecco allora l'evoluzione di un dato naturalistico in una sintesi finale che sublima la contingenza in una dimensione di perfezione assoluta. Lo spazio condiziona, a sua volta, un sistema di relazioni sottili fra sostanza fisica e vuoto abitato, fra i gesti e le linee dinamiche che essi disegnano nell'aria. La mostra prende avvio, dunque, da una analisi del metodo di creazione dell'artista e dal suo lavoro di trasformazione della figura in variazioni seriali. Il percorso allinea sequenze di bronzi, datate dai primi anni Dieci agli anni Trenta, e soggetti presentati nei loro diversi stati successivi e accostati alle fonti di ispirazione dell'artista, tra cui fotografie di nudi e modelle in posa, oltre a una selezione essenziale di pochi dipinti in cui i motivi stessi svelano la doppia anima della sua ricerca parallela, pittorica e scultorea, in particolare nell'affrontare i temi dominanti del nudo, della danza, dell'odalisca. Attraverso circa 30 sculture e una ventina fra disegni, incisioni, oltre a fotografie d'epoca e pellicole originali, la scultura di Matisse verrà posta in relazione con i soggetti di una vita, le sue magnifiche ossessioni legate alle forme femminili, alla ricerca fisiognomica sulle modelle, alle attitudini e alla plasticità dei volumi. Sullo sfondo di questa ricerca composita, ecco allora molte figure uniche, come Le tiaré, di cui non esistono stadi differenti, mentre altre si ripetono a intervalli diversi, variando e trasformandosi, come il celebre ciclo di Jeannette (I-V). Da qui l'artista sviluppa infatti un approccio concettuale che può essere descritto come una sorta di metodo di progressione formale. Come in una “metamorfosi”, che ben spiega il titolo della mostra, le sue figure evolvono da una trascrizione naturale a una sintesi radicale del dato visivo.Anche nella sua pittura – come è stato ampiamente studiato dalla critica in passato – è possibile rilevare tale processo di metamorfosi, senza però giungere mai a considerare veri e propri cicli di opere come “serie”, ma piuttosto come frutto di un lungo iter di elaborazione che trova nella scultura e nella grafica, accostate alla pittura stessa, strumenti di indagine connessi gli uni con gli altri, nell'idea di un confine liquido fra tecniche. Ne è un esempio l'Odalisca del Museo Novecento di Milano, che trova corrispettivi e relazioni sottili e chirurgiche con disegni e bronzi coevi e di cui la mostra allineerà l'intera sequenza.

VIDEOCITTÀ 2023 - Il festival della visione e della cultura digitale. VI Edizione

1 mese 1 settimana hence
Giunto alla sua VI edizione, torna dal 13 al 16 luglio Videocittà, il festival ideato da Francesco Rutelli, con la direzione creativa di Francesco Dobrovich, che esplora le forme più avanzate dell’audiovisivo e dei linguaggi digitali nel contesto culturale nazionale e internazionale. Dopo il successo dello scorso anno, che ha registrato oltre 15.000 mila presenze, il festival troverà il suo cuore pulsante nuovamente nella più grande area di archeologia industriale d’Europa: il Gazometro di Roma. In un’ottica di continuità con la precedente edizione, il tema di quest’anno sarà ancora la Transizione, intesa come processo partecipato, condiviso e basato su scelte pragmatiche e concrete, rendendo il festival anche un veicolo di valori etici e civici.Con Eni, Main Partner, il contributo di MiC, Regione Lazio, il Comune di Roma e in collaborazione con ANICA, quattro giorni di contaminazioni artistiche tra creazioni immersive, videoarte, talks, live musicali e av performances che disegneranno l’intero complesso per portare il pubblico al centro di un'esperienza collettiva che travalica il mondo reale e sfocia in quello digitale.Eni conferma ancora una volta la partnership con Videocittà, condividendone profondamente i valori e i temi: centrale è la scelta di riproporre il festival all’interno del Complesso del Gazometro, presso il quale è stato di recente inaugurato il progetto “ROAD - Rome Advanced District”, la rete di imprese promossa da Eni e supportata da altre grandi aziende italiane. Il Distretto, polo di ricerca tecnologica con headquarter presso l’area, è dedicato alle nuove filiere energetiche e aperto al mondo dell’università, dei centri di ricerca e delle startup. ROAD rappresenta un punto di incontro importante tra mondo tecnologico e culturale, tra innovazione e sperimentazione, valori che sono parte integrante del DNA di Videocittà.A dare il via a questa edizione sarà la spettacolare e monumentale opera site-specific Mater Terrae firmata dallo studio artistico internazionale Sila Sveta – tra i principali produttori di spettacoli multimediali all'avanguardia, uno su tutti la cerimonia di chiusura della Fifa World Cup Qatar 2022 – che investirà il cilindro metallico più grande del Gazometro con un visionario vortice di proiezioni video in stretto dialogo con le musiche originali di uno dei più innovativi protagonisti del panorama musicale italiano, il produttore e compositore Mace. In questo ambiente di oltre 3000 mq prenderà dunque vita una delle esperienze immersive più emozionanti mai realizzate. L’installazione, curata da Videocittà, è stata realizzata da Eni con la produzione esecutiva di Eventi Italiani.Un’ulteriore creazione site-specific valorizzerà la seconda struttura architettonica dell’area del Gazometro: l’Altoforno sarà infatti oggetto di un intervento curato da None Collective con una serie di contenuti video sul tema della Transizione, che faranno da quinta immateriale ai Live e i DJ set di alcuni fra i più interessanti esponenti della nuova scena audiovisiva nazionale e internazionale, dal duo francese di musica elettronica The Blaze, al pioniere della musica house e delle arti digitali Dixon,all’avant-pop dell’americana trapiantata a Berlino Lyra Pramuk, passando per gli italiani Bawrut, Ginevra Nervi, Bnkr44, Ginevraed Elasi.L’Altoforno accoglierà poi anche Futura, una mostra collettiva che riunisce gli artisti, nazionali ed internazionali, più rappresentativi del panorama dell'arte digitale e della motion graphic contemporanea: attraverso opere di tipografia cinetica ogni artista selezionato comporrà un messaggio che esprime il tema di questa edizione. Futura vuole così essere una raccolta di voci dal presente per lasciare una traccia nel futuro. Fra gli artisti coinvolti: l’inglese Tina Touli, considerata tra i 15 migliori giovani designer del mondo, la designer computazionale Vera van de Seyp, l’illustratore e animatore cinese Zipeng Zhu ma anche Federico Leggio, Studio Mistaker e Gianluca Italiano .Sempre nell’area del Gazometro, l’Opificio 41 ospiterà invece un programma di Live Performance audio-video fra cui quella di Nivva – realizzata in collaborazione con il Centro Ceco – in cui  un avatar digitale mette lo spettatore di fronte all’onnipresenza degli algoritmi nelle nostre vite per riflettere sugli scenari futuri dell'AI; quella di Bromo – in collaborazione con l’Ambasciata di Spagna - progetto di digital art che utilizza i codici cinematografici; e, infine, quella del Piove, producer e cantante dall’identità segreta che, fra estetica futuristica, 3D art, glitche e hyperpop, indaga gli orizzonti del Transumano.Anche quest’anno, il festival riserva un grande spazio alla Videoarte con una rassegna dedicata di tre serate a cura di Damiana Leoni e Rä di Martino.Protagonista della prima serata l’artista greca Janis Rafa (1984) che porta a Videocittà 2023 i suoi lavori più rappresentativi degli ultimi 10 anni fra cui Lacerate, presentata durante l’ultima Biennale d’arte di Venezia. Seguirà al termine della proiezione un talk con l’artista e Leonardo Bigazzi, curatore, e produttore di film d’artista e dal 2020 curatore della Fondazione In Between Art Film.Nella seconda serata è in programma una rassegna di opere video provenienti dalla Collezione di videoarte del MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo. Una collezione con lavori di autori internazionali , soprattutto italiani, che copre un arco temporale che va dagli anni Settanta fino al presente rappresentando la grande varietà di forme espressive e contenuti che caratterizzano gli artisti che lavorano con l'immagine in movimento. Con questa serata si rafforza e si riprende, dopo le due prime edizioni del festival, la collaborazione tra Videocittà e il MAXXI che prevede un altro intervento presso la Videogallery del museo nell’autunno 2023.Al centro dell’ultima serata ci sarà l’ultimo capitolo di Black Med, un progetto in continuo divenire di Invernomuto. Invernomuto è il nome della personalità artistica generata nel 2003 da  Simone Bertuzzi (1983) e Simone Trabucchi (1982). Black Med, progetto iniziato in sviluppo dal  2018  ha prodotto output diversificati nell’ambito delle arti visive e del suono, per Videocittà sarà una performance live, musica e video, che esplora attraverso la cultura musicale la nozione di Mediterraneo nero, ricostruendo la mappa labirintica dei ritmi, delle sonorità e delle estetiche che attraversano il Mediterraneo.Nell’intera programmazione del festival, un ruolo centrale è riservato ai momenti di approfondimento culturale attraverso una serie di Talk sulle grandi tematiche della comunicazione attuale. Nell’ambito del rapporto fra new media e creators digitali, The Jackal e Onemore Pictures presenteranno il progetto The Jackal Meta show, un live show che coniuga le più moderne tecnologie applicate all’audiovisivo e al metaverso, in streaming in anteprima assoluta il 14 Luglio: sul palco di Videocittà Aurora Leone e Gianluca Fru racconteranno  al pubblico lo sviluppo del progetto svelando in esclusiva alcuni dei dettagli dello show. Il rapporto fra informazione e new media sarà invece al centro di tre incontri con esperti del settore guidati dal giornalista Alessandro Lunamentre lo studioso di arte contemporanea applicata ai media Nicolas Ballario sarà il maestro di cerimonie di un ciclo di incontri sul tema Intrattenimento e Video.  La conduttrice radiofonica, blogger e autrice Daniela Collu si occuperà invece di alcuni incontri con gli artisti in programma al festival. Sempre all’interno del ricco palinsesto di talk, l’ADCI  (Art Directors Club Italiano)  accompagnerà il pubblico nell'esplorazione delle nuove frontiere dei linguaggi pubblicitari: in particolare si parlerà di Fashion Communication con Paola Cantella (Creative Strategy Director di Cosmic), di Musica e Video con Francesco Taddeucci (Creative Director di Superhumans) e di Intelligenza artificiale con Massimiliano Maria Longo (innovatore digitale, #CancerHacker e Direttore Creativo). A completare il quadro dei talk, Andrea Schiavoni di Veracura, acceleratore ...

Sarah Ledda. Almost True

1 mese 1 settimana hence
L’Assessore ai Beni e attività culturali, Sistema educativo e Politiche per le relazioni intergenerazionali della Regione Autonoma Valle d’Aosta è lieto di presentare la mostra “Almost True” di Sarah Ledda, ospitata dal 14 luglio al 1° ottobre 2023 presso le sale del Castello Gamba - Museo d’Arte moderna e contemporanea della Valle d’Aosta, a Châtillon, che ripercorre la poetica dell’artista valdostana attraverso circa trenta dipinti della sua produzione recente.Attingendo all’immaginario cinematografico e televisivo, e in particolare al repertorio del cinema classico hollywoodiano, la mostra di Sarah Ledda, a cura di Ivan Quaroni, racconta la formazione dell’identità femminile attraverso personaggi che diventano simboli, lemmi di un lessico comune in grado di tradurre una “bildung”, una formazione collettiva, in immagini universali.Scorrendo le immagini di film classici e vecchie serie televisive, l’artista seleziona e isola singoli frame per trasfigurarli attraverso la pratica della pittura. Il fotogramma, sublimato nella grammatica pittorica, diventa quindi espressione di un nuovo tipo di rappresentazione realistica che usa il filtro delle produzioni mediali della cultura di massa per indagare i temi della memoria e delle emozioni nel rapporto dialettico tra fiction e realtà. In questo modo, l’immagine rubata al vecchio film - sia essa quella del volto di una diva di Hollywood come Marilyn Monroe, Audrey Hepburn, Liz Taylor o Judy Garland, o quella della giovane Inger Nilsson nei panni di Pippi Calzelunghe - non appartiene più solo all'artista che la interpreta, ma diventa un codice universale, capace di stimolare una reazione in chiunque la riconosca. Una sorta di proustiana madeleine visiva che consente all’artista di dialogare, attraverso il proprio lavoro, con il vissuto e la memoria collettiva di diverse generazioni. «La ricerca di Sarah Ledda si configura – spiega il curatore Ivan Quaroni – come una pratica di ricodifica dell’immagine filmica in grado di trasformare l’essenza traumatica della realtà in un alfabeto di figure riconoscibili». In particolare, il repertorio del cinema classico hollywoodiano si offre come una sorta di dispositivo allegorico, una “macchina per pensare” i motivi di una poetica che ruota, sovente, attorno alla questione della formazione dell’identità femminile. Insieme a un nutrito corpus di opere su tela, nelle sale di Castello Gamba viene esposto per la prima volta, un progetto realizzato dall’artista in dieci anni di viaggi in treno lungo la tratta Aosta - Torino, andata e ritorno.  Si tratta di “A/R”, titolo di una serie di scatti fotografici montati in una lunga sequenza video che ritraggono scorci di paesaggio che, nonostante le modifiche subite nel tempo, sembrano rimasti sostanzialmente invariati.La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Vanillaedizioni con testo critico di Ivan Quaroni.Nata ad Aosta nel 1970, Sarah Ledda vive fino al compimento degli studi a Palermo, dove nel 1993 si diploma all’Accademia di Belle Arti. La prima personale di rilievo è “Nitrato d’argento”, a cura di Luca Beatrice (Aosta, 2000) a cui seguono esposizioni a Parigi e a Bruxelles. Dal 2003 con alcune mostre curate da Maurizio Sciaccaluga e la partecipazione al V Premio Cairo e al Premio Seat Pagine Bianche d’Autore il suo lavoro entra nel circuito nazionale delle gallerie e delle fiere d’arte contemporanea realizzando da allora numerose esposizioni in Italia e all’estero, in collezioni e spazi privati e pubblici. Sue opere sono presenti nella collezione permanente del Castello Gamba, museo d’arte moderna e contemporanea della Valle d’Aosta. Dopo qualche anno a Torino, dal 2016 si trasferisce ad Aosta, dove vive e lavora. Sul suo lavoro hanno scritto diversi critici d’arte, tra cui Cecilia Antolini, Luca Beatrice, Martina Corgnati, Antonella Crippa, Alessandra Galletta e Maurizio Sciaccaluga.Inaugurazione: giovedì 13 luglio, ore 18.00  

Cortona On The Move 2023 - More or Less

1 mese 1 settimana hence
More or Less è il tema scelto per la 13° edizione di Cortona On The Move, il festival internazionale di fotografia in programma dal 13 luglio al 1° ottobre 2023 a Cortona, nel cuore della Toscana. Il “clou” della manifestazione sarà, come ogni anno, nelle giornate inaugurali del festival (13-16 luglio), quando si danno appuntamento a Cortona i più grandi esperti nazionali e internazionali del mondo della fotografia, impegnati in eventi, presentazioni, talk e workshop, per promuovere la riflessione sull’attualità e sul passato, attraverso uno degli strumenti che meglio sanno indagare la realtà.  «More or Less è il tema che ho scelto per questa edizione. Queste categorie definiscono il mondo in cui viviamo, le nostre aspirazioni, le nostre paure, le nostre appartenenze. La contrapposizione tra l’abbondanza e la scarsità, il superfluo e l’essenziale, le élite e le masse, l’accumulo e la dispersione. More or Less sono anche temi molto cari alla fotografia, attorno ai quali si sono sviluppati interi generi. A Cortona On The Move 2023 esploreremo More, guardando al passato e al presente, e ci soffermeremo Less sugli stereotipi, offrendo un programma ricco di spunti per comprendere il nostro mondo, e al contempo, povero di semplificazioni.», commenta Paolo Woods, Direttore artistico di Cortona On The Move.  «Il nostro obiettivo è continuare quell'indagine della contemporaneità e del mezzo fotografico che ha caratterizzato il percorso intrapreso dal festival fin dall’inizio, arricchendola con nuovi valori e strumenti. Non solo opere inedite che aprono prospettive extra e meta-fotografiche, ma anche progetti che vadano oltre il principale medium di riferimento», dichiara Veronica Nicolardi, Direttrice di Cortona On The Move.  A interpretare la dicotomia tra “più e meno” sono stati invitati più di 30 artisti per 26 mostre allestite tra il centro storico della città, la Fortezza medicea del Girifalco e la “Stazione C” nei pressi della Stazione di Camucia-Cortona. Tra questi alcuni grandi nomi della fotografia internazionale come Larry Fink, di cui sarà esposta la raccolta di opere dal titolo Class Issues. Nel corso della sua carriera pluridecennale, Larry Fink ha prodotto lavori che hanno raccontato in maniera inaspettata la società e la sua divisione in classi, entrando a far parte della storia della fotografia. In mostra sono presentate alcune immagini inedite e una selezione delle sue fotografie più note. E ancora Chauncey Hare con la raccolta Working Class Heroes, esposte per la prima volta in Italia. Due le mostre realizzate in collaborazione con Intesa Sanpaolo: Standing Still di Massimo Vitali, di cui saranno esposti lavori iconici dagli anni ‘90 a oggi, e Il caso “Africo”, dall’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo, che raccoglie il reportage di Valentino (Tino) Petrelli realizzato nel paese dell’Aspromonte nel 1948 e che sarà esposto a Cortona per la prima volta nella sua integrità. Occhi puntati anche sulle mostre collettive, come Get Rich or Die Tryin’, curata daLars Lindemann e Paolo Woods in partnership con Autolinee Toscane. Dal Bronx alle passerelle delle più grandi case di moda, a 50 anni dalla sua nascita il rap ne ha fatta di strada. La mostra racconta la storia di una cultura creata dai più svantaggiati che, attraverso l’hip hop, hanno trovato una strada verso l’espressione, la propria identità, la creazione e, infine, la ricchezza e l’accettazione. E ancora la collettiva Focus on China, a cura di Lü Peng, Direttore artistico Biennale Chengdu, e Paolo Woods. La mostra, che vedrà la partecipazione dei tre artisti cinesi Hong Lei, Dong Wensheng e Han Lei, nasce dalla collaborazione, avviata quest’anno con Chengdu Biennale, biennale d'arte contemporanea che si svolge a Chengdu, in Cina. Infine, tra le collettive, l’inedita Ambiziosamente tua - Amore e classi sociali nel fotoromanzo a cura di Frédérique Deschamps e Paolo Woods in partnership con Fondazione Mondadori, che mette in mostra i tesori fotografici, alcuni dei quali inediti, della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori a Milano. La Fondazione conserva i negativi e le prime prove fotografiche di diverse centinaia di fotoromanzi pubblicati da Mondadori nella rivista Bolero tra il 1947 e la fine degli anni ‘70.  Tra le mostre in programma, la raccolta Scalandrê di Marco Zanella, vincitore della XVIII edizione delpremio Amilcare G. Ponchielli, e il progetto The Anthropocene Illusion di Zed Nelson, vincitore del Cortona On The Move Award 2022. Per quanto riguarda le nuove collaborazioni che da quest’anno il festival può annoverare, e che vanno ad aggiungersi a quelle ormai consolidate, oltre a quella già citata con Chengdu Biennale, anche l’avvio della collaborazione con la Fondation Carmignac che quest’anno porta a Cortona The Wells Run Dry di Fabiola Ferrero, dodicesima vincitrice del Carmignac Photojournalism Award. Infine, dopo il successo della passata edizione, per il secondo anno consecutivo tutte le mostre di Cortona On The Move 2023 saranno ad accesso gratuito per i cittadini residenti a Cortona.TUTTE LE MOSTRE DI CORTONA ON THE MOVE 2023●      Get Rich or Die Tryin’- a cura di Lars Lindemann & Paolo Woods. In partnership con Autolinee Toscane ●      Larry Fink – Class Issues●      Ambiziosamente tua – Amore e classi sociali nel fotoromanzo- a cura di Frédérique Deschamps & Paolo Woods. In partnership con Fondazione Mondadori●      Massimo Vitali - Standing Still - in partnership con Intesa Sanpaolo e Gallerie d’Italia●      Il caso “Africo” – Dall’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo. A cura di Paolo Woods. Supervisione scientifica di Barbara Costa. Ricerca iconografica di Serena Berno e Silvia Cerri●      Chauncey Hare - Working Class Heroes●      Fabiola Ferrero - The Wells Run Dry. In collaborazione con Fondation Carmignac●      Nick Hannes - Garden of Earthly Delights●      Reiner Riedler - Memory Diamonds●      Barbara Iweins – Katalog●      Nikita Teryoshin - Nothing Personal – The Back Office of War●      Michaël Zumstein - Aka Zidane●      Irina Werning - Lessons on How to Survive Inflation From a Pro●      James Mollison - Where Children Sleep●      Sebastián Montalvo Gray – Detonate●      Karen Knorr – Belgravia●      Marco Tiberio & Maria Ghetti - Invisible Cities Calais●      Gerald von Foris - One Day, Son, This Will All Be Yours●      Hans Eijkelboom - 10-Euro Outfits●      Zed Nelson - The Anthropocene Illusion. Vincitore Cortona On The Move Award 2022●      Marco Zanella - Scalandrê. A cura di Benedetta Donato | GRIN – Gruppo Redattori Iconografici Nazionale. Progetto vincitore della XVIII edizione del premio Amilcare G. Ponchielli●      Fausto Podavini – Apnea. In partnership con Medici Senza Frontiere●      Marco Garofalo - Ultima Chance. In partnership con Autolinee Toscane●      Focus on China - a cura di Lü Peng e Paolo Woods. In collaborazione con Chengdu Biennale           Hong Lei - A Trilogy of Evolution           Dong Wensheng - Wilderness           Han Lei - Assemblage●      Marina Planas - Warlike Approaches to Tourism: All Inclusive. In collaborazione con Institut d’Estudis Baleàrics●      Cince Johnston -Freddy & Ceydie. In collaborazione con Rencontres internationales de la photographie en Gaspésie CORTONA ON THE MOVE AWARD 2023Si è conclusa lo scorso 30 aprile l’open call della seconda edizione del Cortona On The Move Award, nato nel 2022 con la volontà di supportare i fotografi nello sviluppo e nella produzione delle loro opere. Il ...

Il Pugile e la Vittoria

1 mese 1 settimana hence
Due bronzi straordinari di età ellenistica e romana, entrambi oggetto di recenti valorizzazioni, saranno esposti, per la prima volta insieme a Brescia, in un prezioso dialogo sul significato della “vittoria”, da Nike sportiva a emblema della pax latina.L’ambizioso progetto sigla un nuovo prezioso tassello del programma di valorizzazione e riqualificazione che Fondazione Brescia Musei sta sviluppando intorno all’area archeologica di Brixia romana.Tramite il Pugilatore in riposo e la Vittoria Alata, infatti, Fondazione Brescia Musei si protende verso l’arte fondativa della cultura europea, suggellando il rapporto tra la Vittoria bresciana e la cultura ellenistica e romana.  Il tema astratto che lega questi due straordinari bronzi, nell’assenza e nella personificazione, è quello del successo, di un esito positivo, della vittoria appunto. Le opere, esposte nell’aula del Capitolium di Brescia con un nuovo spettacolare allestimento curato dall’architetto Juan Navarro Baldeweg, già autore della suggestiva e affascinante collocazione della Vittoria Alata, sarà l’occasione per ridurre la distanza, che ha separato le due opere in antico, con una triangolazione di elementi che permetterà di comprenderla, ma nello stesso tempo di cogliere i numerosi fili rossi che le legano. Nello spazio dell’aula, con contrappunti armonici, si dipanerà nel raggio di pochi metri una narrazione concettuale sui valori assoluti che esse rappresentano ancora oggi per l’uomo contemporaneo.Le due opere hanno cronologie e storie diverse.Il Pugilatore in riposo, databile al IV-I secolo a. C., era certamente esposto in uno spazio pubblico – forse in Grecia – e doveva essere oggetto di ammirazione come indicano le superfici consunte dalle carezze degli ammiratori. La Vittoria Alata risale invece alla metà del I secolo d. C.  ed era probabilmente esposta nel tempio a Brescia come ex voto donato dall’imperatore Vespasiano. Entrambe furono scoperte nel corso di scavi archeologici condotti nell’Ottocento e da quel momento divennero oggetto di attenzioni e cure e vennero incluse in collezioni museali pubbliche. 

PERFORMING PAC. Dance Me To The End Of Love

1 mese 1 settimana hence
In occasione del trentesimo anno dalla strage mafiosa di Via Palestro, l’edizione di PERFORMING PAC Estate 2023 è dedicata al rapporto tra arte contemporanea e memoria storica: l’idea è di raccontare  - attraverso video, fotografie, installazioni, performance e una piccola mostra “flashback” con i materiali dell’Archivio del PAC - come la pratica e la ricerca artistica contemporanee abbiamo trattato la memoria non in quanto conoscenza della storia fine a se stessa, ma in quanto nesso, significativamente ed emotivamente carico, vissuto fra soggetti e vicende che trascendono la loro singolarità.   Per questa nuova edizione si parte dalla rilettura della mostra di Christian Boltanski, 6 septembres, curata da Jean-Hubert Martin al PAC nel 2005. Tra le principali chiavi di lettura dell’opera di Boltanski vi è proprio l’analisi del concetto di “tempo”, che inesorabilmente fluisce e in cui la memoria e il ricordo divengono i segni, le tracce, del fragile e instabile passaggio dell’uomo.   Il titolo di quest'anno, Dance Me To The End Of Love, è una citazione da una canzone di Leonard Cohen del 1984, brano ispirato al dramma della Shoah. In un’intervista Cohen spiegava: «La canzone è nata sentendo i racconti dei sopravvissuti dai campi della morte. Accanto ai forni crematori, in alcuni lager, un quartetto d’archi era costretto a suonare mentre si consumava questo orrore. Un orrore che sarebbe diventato il destino anche degli stessi musicisti. Suonavano quando i loro compagni morivano». Ma nei versi della canzone il dramma sembra scomparire nella missione salvifica e pacifica dell'arte come veicolo di memoria, capace di essere più forte di ogni crudeltà.   Artisti: Maja Bajevic, Christian Boltanski, Yael Bartana, Maurizio Cattelan, Clemencia Echeverri, Miguel Gomes, Douglas Gordon, Nicola Pellegrini e Ottonella Mocellin, Giulio Squillacciotti   Timeline con ricostruzione avvenimenti della strage di via Palestro: a cura di Simona Zecchi e Marco Bova

Omar Galliani. Diacronica - Il tempo sospeso

1 mese hence
La mostra accoglie opere tra le più significative della poetica dell’artista, maestro del disegno noto a livello internazionale. Il percorso segue l’evoluzione della ricerca attraverso il tempo, da cui il titolo dell’esposizione. Compaiono dipinti e tavole a grafite, lavori monumentali recentissimi e inediti, altri pezzi storici esposti negli anni nelle Biennali di tutto il mondo, per un viaggio emozionante nei grandi temi della vita dell’uomo.

I VOLTI DELLA SAPIENZA. Dosso e Battista Dossi nella Biblioteca di Bernardo Cles

3 settimane 6 giorni hence
Tra la fine del 1531 e i primi mesi del 1532 Dosso Dossi con l’aiuto del fratello Battista è impegnato nella decorazione della biblioteca del principe vescovo Bernardo Cles nel Magno Palazzo del Castello del Buonconsiglio di Trento. Per la sala che doveva ospitare la preziosa e ricca collezione di libri antichi del cardinale trentino il Dosso pensa ad una decorazione imponente. Sulle pareti realizza affreschi (in gran parte perduti) mentre per i cassettoni del soffitto dipinge una serie di diciotto dipinti  su tavola di abete rosso raffiguranti saggi, filosofi e oratori dell’antichità. Un ambiente meraviglioso che Mattioli, medico di corte, paragona nel poema che pubblica nel 1539 sul Magno Palazzo, a Sistina di Michelangelo e alla loggia di Psiche di Raffaello a villa Chigi, oggi villa Farnesina. Saranno proprio le tavole restaurate e le immagini dei sapienti, filosofi e saggi, a partire dall’arte antica, il filo conduttore della mostra che sarà inaugurata il 30 giugno al Castello del Buonconsiglio di Trento intitolata “I volti della sapienza. Dosso e Battista Dossi nella Biblioteca di Bernardo Cles”  visitabile fine al 22 ottobre 2023. Sarà una incredibile e straordinaria opportunità di vederle per la prima volta da vicino grazie allo smontaggio e restauro  (attualmente in corso proprio nella Libraria clesiana) e di conoscere le numerose vicissitudini che hanno interessato queste opere.  Nel marzo del 1813 le diciotto tavole, dopo essere state tolte dal soffitto della Libraria clesiana, vennero  portate, per volere del prefetto dell’Altoadige Filippo Dalfiume, nell’Imperial Regio Ginnasio Liceo di Trento (oggi il Liceo Prati). Nel 1922 il soprintendente Giuseppe Gerola le fece riportare in castello ma ne trovò solo dodici,  sei andarono perdute tra il 1813 ed il 1896.  Il restauro si concluderà a maggio e porterà all’antico splendore questo magnifico ciclo pittorico condotto dalla ditta di restauro Enrica Vinante. La mostra, curata da Vincenzo Farinella e Laura Dal Prà, vedrà esposte un centinaio di opere tra sculture, stampe, volumi e dipinti come il celebre quadro raffigurante Eraclito e Democrito di Donato Bramante proveniente dalla Pinacoteca di Brera, i busti in marmo di Omero e Cicerone concessi in prestito dai Musei Capitolini di Roma e dagli Uffizi, le due magnifiche tele del Dosso provenienti dal museo canadese Agnes Etherington Art Centre e dal museo americano Chrysler e ancora opere del Moretto, Salvator Rosa, Andrea Pozzo, Mattia Preti, Luca Giordano, Vincenzo Grandi, Albrecht Duerer e Josè de Ribera.   Le tavole saranno quindi messe a confronto da una parte con dipinti aventi lo stesso soggetto ma realizzati da altri pittori, dall’altra con opere di Dosso Dossi e di Battista eseguite poco prima o poco dopo gli anni di attività a Trento questo per mettere a fuoco il problema della collaborazione dei due fratelli. Infine, anche in collegamento ideale con l’identità dei Sapienti dosseschi, il percorso si svilupperà a partire da una preziosa serie di busti raffiguranti filosofi e scienziati del mondo antico per  poi  comprendere capolavori del tardo Cinquecento e del Seicento quando le immagini dei più illustri sapienti  organizzate in veri e propri cicli  conosceranno un grande successo.  Fama che darà  vita ad un vero e proprio fortunatissimo genere iconografico, arricchendo raccolte e collezioni private e assecondando la cultura erudita dei committenti del tempo.  

The Life of Hokusai

3 settimane 5 giorni hence
In occasione della mostra Yōkai. Le antiche stampe dei mostri giapponesi, Bologna ospita per due giorni, per la prima volta in Europa, lo spettacolo The Life of Hokusai, un grande show di performing art per commemorare i 260 anni dalla nascita di Katsushika Hokusai, forse il pittore giapponese più famoso al mondo. Due giorni di spettacolo, il 30 giugno e il primo luglio 2023, con quattro repliche, al Teatro Arena del Sole, per raccontare attraverso la danza, la musica e la poesia, la vita del grande maestro, padre della pittura giapponese: un uomo, un genio, un folle che arrivò a considerarsi la connessione tra le energie celesti e quelle terrene…addirittura l’incarnazione di un drago.  Magia e colori si abbattono sul palco con l’impeto de La grande onda di Kanagawa, il capolavoro assoluto di Hokusai, immergendo gli spettatori in un viaggio tra le valli, le montagne, i fiumi e la maestosità della natura che hanno così profondamente ispirato la sua arte, nonché tra i demoni e le ombre che l’hanno resa per lui l’impresa alla quale devolversi con vorace maniacalità fino alla morte.  La spettacolare opera è stata ideata dal produttore Shin Sugimoto e dal performer di fama mondiale Katsumi Sakakura, con la partecipazione del regista Kento Shimizu e la collaborazione di Takashi Okazaki, character designer molto popolare per il suo lavoro sul leggendario anime di samurai hip-hop “Afro Samurai” e sul film della DC Comics “Ninja Batman”. E’ una produzione Global Business Labo in collaborazione, per l’Italia, con Vertigo Syndrome. Il progetto era stato preparato nel 2020, ma causa dello scoppiare della pandemia, fu necessario interrompere temporaneamente la produzione teatrale e si decise di far realizzare al regista Kento Shimizu un documentario, registrando la performance degli artisti davanti a un palco senza pubblico. Il documentario è disponibile dal 6 aprile sulla piattaforma Amazon Prime Japan, USA e UK.  I biglietti per lo spettacolo hanno 5 fasce di prezzo (Galleria 15 euro, Palchi di Secondo Ordine 25 euro, Palchi di primo Ordine e Platea 35 euro, Biglietto Vip Gold 84,53 euro e Vip Premium 93,87 euro) e possono essere acquistati direttamente in mostra, alla biglietteria di Yōkai. Le antiche stampe dei mostri giapponesi, in Palazzo Pallavicini, oppure online, con diritto di prevendita. Con l’acquisto del biglietto VIP, i visitatori dello show, sia nella replica pomeridiana che in quella serale, potranno partecipare ad una degustazione di sake guidata da un kikizakeshi, ovvero un sommelier della bevanda alcolica più rappresentativa del Sol Levante. I partecipanti all’assaggio, che si terrà alle 19.30, ne scopriranno tutte le caratteristiche più importanti, nonché il modo “più giapponese” per assaporarlo. Nella giorata di domenica 25 giugno, il protagonista e direttore artistico dello spettacolo Katsumi Sakakura, che è coreografo e performer di budō, l’arte marziale giapponese in cui “movimento, ritmo e spirito” convergono in uno stile unico e particolare, terrà una masterclass sulla sua personale interpretazione del budō legato alla danza e al teatro. Al ristretto numero di partecipanti, parlerà inoltre dell’influenza del Wabi-Sabi, l’estetica della bellezza imperfetta giapponese e delle arti visive, in particolare dell’opera del maestro e genio Katsushika Hokusai. La mastercass si terrà al Teatro del Baraccano, sempre a Bologna, avrà la durata di 2 ore (ore 10.00-12.00), sarà in giapponese con traduzione in italiano e inglese ed avrà un costo di 100 euro.    
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9 ore 46 minuti ago
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